giovedì 4 aprile 2013

Integrazione, la strada è ancora in salita

L'articolo che segue è stato pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno il 4 aprile 2013.

Nel corso degli anni le associazioni islamiche hanno proposto diverse bozze d’intesa. I problemi principali sono la compatibilità col diritto italiano e la mancanza di un’autorità che rappresenti i musulmani.

Milioni d’immigrati provenienti dai paesi islamici hanno rischiato di smarrire le proprie radici culturali e religiose. Le generazioni successive, nate in Italia, hanno cominciato a riconoscersi come “italiane”, ma nel contempo hanno chiesto un riconoscimento dell’Islam da parte dello Stato. Lo strumento offerto dall’articolo 8 della nostra Costituzione è quello dell’intesa.

Nel corso degli anni alcune associazioni islamiche hanno presentato bozze d’intesa, a partire dalla prima proposta nel 1992 dall’Unione delle Comunità e delle Organizzazioni Islamiche in Italia (U.C.O.I.I.). Per ora questi tentativi non hanno avuto esito positivo.

Ogni bozza presentata negli anni ha caratteristiche particolari ma tutte si concentrano sulle peculiarità dell’Islam e vanno analizzate dal punto di vista del diritto islamico.

Va sottolineato che il discorso delle bozze si pone su un piano dottrinale: la prassi osservata nel quotidiano potrebbe essere diversa.

La constatazione che l’Islam è la seconda religione in quasi tutti i paesi europei sprona a esaminare la cultura religioso-giuridica dei musulmani e il problema della ‘compatibilità’ tra il diritto dello Stato e l’Islam: il diritto islamico è un sistema giuridico onnicomprensivo, oltre che strettamente derivante dalla fede.

Infatti tre delle sue quattro fonti (Corano, sunna o consuetudine profetica, consenso) sono le stesse della teologia; la prima è una fonte rivelata alla lettera; le altre due sono ispirate. La quarta fonte del diritto, il ragionamento per analogia, ha un rilievo secondario nella giurisprudenza.

Ne risulta che l’Islam si presenta come civiltà, cioè un sistema che coinvolge tutta la vita del musulmano: per i musulmani l’intesa ha una valenza religioso-giuridica più che laica.

Una delle difficoltà che emerge dall’analisi delle bozze deriva dalla terminologia adoperata che, in alcuni casi, mutua espressioni dal mondo cristiano.

Dal un punto di vista giuridico, invece, spicca il problema della rappresentanza dei musulmani: la mancanza di un’autorità riconosciuta come rappresentativa dal diritto islamico ha dato la stura a una pluralità di interlocutori con lo Stato.

Un altro richiamo importante al diritto islamico riguarda le norme sull’abbigliamento.

Il punto più intricato riguarda tuttavia il matrimonio. Due bozze (U.C.O.I.I., Co.Re.Is.), con formulazioni simili, chiedono che gli effetti civili per i matrimoni celebrati in Italia vengano riconosciuti “secondo il rito islamico”, cioè secondo il diritto islamico, davanti a una guida del culto, designata dalla Comunità Islamica, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella Casa comunale. Un’altra bozza (A.M.I.), invece, richiama semplicemente la normativa del diritto islamico. Ciò pone il problema della parità di diritti per l’uomo e la donna.

Agostino Cilardo,
professore di Storia e istituzioni del mondo musulmano,
Università degli Studi di Napoli - L'Orientale

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